Caro piddino, (elettore del PD )
lascia che ti scriva due righe, per dirti quanto ti ammiro.
Ti ammiro perché, mentre io sono chiuso nella paura che il mio popolo subisca danni dall’immigrazione incontrollata, dalla crisi dei valori nazionali e tradizionali in genere, tu sembri non aver paura di nulla.
Qualche maligno penserà che la serenità che ostenti sia un’anestesia dell’intelligenza, una felicità un po’ bovina; o magari che tu veda benissimo i pericoli ma, non riguardandoti essi personalmente, li ignori a bell’apposta. Ma i maligni, piddino, considerano stoltezza o indifferenza proprio la tua superiorità: cioè l’aver capito che preoccuparsi dei popoli, oggi, è tremendamente demodé, politicamente scorretto e perfino un po’ pericoloso.
Prendiamo ad esempio l’immigrazione.
«Perché mai» tu dici «dovrebbe essere il popolo italiano a stabilire quanti immigrati possono entrare in Italia? È la vecchia idea di sovranità a prevedere che un popolo decida quel che deve accadere sul suo territorio. Noi siamo più avanti. Vogliamo che siano gli stranieri a decidere quanti di loro possono entrare, e non importa che siano mille, centomila o cento milioni». Eh sì, piddino. Oggi la vera democrazia non è il «potere del popolo», ma quello ben superiore e più affascinante delle organizzazioni internazionali, del Superstato europeo, del lobbismo e della finanza mondiale; lì c’è gente che conta davvero, altro che scalcinata popolaglia!
Se poi ti ricordano che un’affluenza illimitata di stranieri può compromettere la sicurezza degli italiani, rispondi: «Che gli immigrati senza lavoro finiscano per delinquere è normale, non è mica colpa loro!». E se ti dicono che, non essendoci lavoro, non ha senso farli entrare, ribatti: «E chi mai avrebbe il diritto di non farli entrare? Forse il popolo italiano? Vergogna! Dire che il popolo italiano comanda sul proprio territorio è razzismo, fascismo!».
E di nuovo dimostri di aver capito tutto.
Il potere sovranazionale che tanto ti seduce verrebbe gravemente leso se i vincoli territoriali, i confini, i popoli, contassero qualcosa. Esso tende ad imporsi al livello intercontinentale, al di là di ogni frontiera, su aggregazioni di individui di ogni colore, lingua, religione, facendo in modo di reciderne le radici culturali per mezzo dei più raffinati strumenti – tecnologici, finanziari, mediatici – fino a ottenere una scimmia umana perfettamente docile e obbediente.
Figurati se le élites che tanto ammiri si accontenterebbero di un piccolo potere su un piccolo popolo, per di più col vincolo di rispettarne gli interessi in relazione a un ben definito ambito territoriale.
Certo, considerare le masse intercontinentali come gruppi omogenei da assoggettare ad un’oligarchia mondiale, ha anche i suoi rischi. Pensa, ad esempio, agli esodi di interi popoli che, in un mondo senza frontiere, occupassero territori altrui in nome della mobilità che tanto adori: i popoli più forti e prolifici potrebbero cancellare dalla faccia della terra quelli più deboli; intere etnie – ad esempio le bianche mediterranee – potrebbero scomparire come se niente fosse.
E la violenza, poi, dove la metti? Già molti quartieri delle nostre città, in mano agli stranieri, sono teatro di risse, aggressioni, spaccio; situazioni più volte degenerate in conflitti sanguinosi con la gente italiana, pur nell’ipocrita silenzio dei mass media.
Ma ecco che tu, al solo sentir nominare «la gente», già ti sei acceso d’odio per i popoli e la sovranità: obiezioni troppo grandi contro l’utopia di un mondo «migliore», retto da un Governo mondiale di burocrati miliardari che domini masse di sradicati anglofoni consumisti e ignoranti. Così, rispondi: «Non è poi così terribile che le vecchiette siano barricate in casa per paura dei delinquenti stranieri. In fondo il problema non riguarda i quartieri ricchi come il mio. E poi, a dirla tutta, gli stranieri mica delinquono davvero; quelli neri, ad esempio, non delinquono affatto: sarebbe razzista pensarlo».
Ma come difenderci dal rischio che un’immigrazione illimitata, in qualche decennio, produca la cancellazione delle popolazioni italiane? In fondo, anche l’estinzione di una razza canina ti susciterebbe preoccupazione; come essere indifferente a quella di un’etnia umana?
«Etnia italiana? E che vuol dire?» rispondi. «Le vere etnie sono quelle africane, asiatiche! Da quando in qua gli europei del sud meriterebbero di essere considerati «etnie»? Le popolazioni bianche mediterranee sono una mescolanza di genti che non hanno diritto a conservarsi come sono, perché non sono nulla! Un meticciato di bianchi non ha diritto alla sopravvivenza; non è così puro da poter chiedere di non essere annientato. Subisca quel che deve subire, e stia zitto».
Ecco come, o piddino, metti a tacere le paure riguardanti i popoli.
Lo fai a costo di tirare in ballo il concetto di razza pura, di diventare uno spietato razzista che ritiene solo le etnie intatte meritevoli di conservazione, e le altre degne di andare in malora.
È cinico, ma coerente col tuo sogno di vivere in un «mondo migliore», in cui chi comanda non è limitato da ostacoli «di lingua, di cultura, di razza, di religione».
È la società multirazziale, e tu hai capito bene che bisogna stare dalla sua parte.
Dall’altra ci siamo noi politicamente scorretti, che ancora ci preoccupiamo della popolaglia e del suo diritto all’autoconservazione. Ma non perdiamo la speranza: magari un giorno, piddino, impareremo la tua lezione e diventeremo razzisti come te.
Nell’attesa, ti prego gradire
Cordiali saluti
Il Sofista
( dalla pagina FB https://www.facebook.com/pages/Il-Sofista/764004616975397?fref=nf)