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LETTERA SULLA SOCIETA’ MULTIRAZZIALE

Caro piddino, (elettore del PD )

lascia che ti scriva due righe, per dirti quanto ti ammiro.

Ti ammiro perché, mentre io sono chiuso nella paura che il mio popolo subisca danni dall’immigrazione incontrollata, dalla crisi dei valori nazionali e tradizionali in genere, tu sembri non aver paura di nulla.
Qualche maligno penserà che la serenità che ostenti sia un’anestesia dell’intelligenza, una felicità un po’ bovina; o magari che tu veda benissimo i pericoli ma, non riguardandoti essi personalmente, li ignori a bell’apposta. Ma i maligni, piddino, considerano stoltezza o indifferenza proprio la tua superiorità: cioè l’aver capito che preoccuparsi dei popoli, oggi, è tremendamente demodé, politicamente scorretto e perfino un po’ pericoloso.

Prendiamo ad esempio l’immigrazione.
«Perché mai» tu dici «dovrebbe essere il popolo italiano a stabilire quanti immigrati possono entrare in Italia? È la vecchia idea di sovranità a prevedere che un popolo decida quel che deve accadere sul suo territorio. Noi siamo più avanti. Vogliamo che siano gli stranieri a decidere quanti di loro possono entrare, e non importa che siano mille, centomila o cento milioni». Eh sì, piddino. Oggi la vera democrazia non è il «potere del popolo», ma quello ben superiore e più affascinante delle organizzazioni internazionali, del Superstato europeo, del lobbismo e della finanza mondiale; lì c’è gente che conta davvero, altro che scalcinata popolaglia!

multiSe poi ti ricordano che un’affluenza illimitata di stranieri può compromettere la sicurezza degli italiani, rispondi: «Che gli immigrati senza lavoro finiscano per delinquere è normale, non è mica colpa loro!». E se ti dicono che, non essendoci lavoro, non ha senso farli entrare, ribatti: «E chi mai avrebbe il diritto di non farli entrare? Forse il popolo italiano? Vergogna! Dire che il popolo italiano comanda sul proprio territorio è razzismo, fascismo!».

E di nuovo dimostri di aver capito tutto.
Il potere sovranazionale che tanto ti seduce verrebbe gravemente leso se i vincoli territoriali, i confini, i popoli, contassero qualcosa. Esso tende ad imporsi al livello intercontinentale, al di là di ogni frontiera, su aggregazioni di individui di ogni colore, lingua, religione, facendo in modo di reciderne le radici culturali per mezzo dei più raffinati strumenti – tecnologici, finanziari, mediatici – fino a ottenere una scimmia umana perfettamente docile e obbediente.
Figurati se le élites che tanto ammiri si accontenterebbero di un piccolo potere su un piccolo popolo, per di più col vincolo di rispettarne gli interessi in relazione a un ben definito ambito territoriale.

Certo, considerare le masse intercontinentali come gruppi omogenei da assoggettare ad un’oligarchia mondiale, ha anche i suoi rischi. Pensa, ad esempio, agli esodi di interi popoli che, in un mondo senza frontiere, occupassero territori altrui in nome della mobilità che tanto adori: i popoli più forti e prolifici potrebbero cancellare dalla faccia della terra quelli più deboli; intere etnie – ad esempio le bianche mediterranee – potrebbero scomparire come se niente fosse.
E la violenza, poi, dove la metti? Già molti quartieri delle nostre città, in mano agli stranieri, sono teatro di risse, aggressioni, spaccio; situazioni più volte degenerate in conflitti sanguinosi con la gente italiana, pur nell’ipocrita silenzio dei mass media.

Ma ecco che tu, al solo sentir nominare «la gente», già ti sei acceso d’odio per i popoli e la sovranità: obiezioni troppo grandi contro l’utopia di un mondo «migliore», retto da un Governo mondiale di burocrati miliardari che domini masse di sradicati anglofoni consumisti e ignoranti. Così, rispondi: «Non è poi così terribile che le vecchiette siano barricate in casa per paura dei delinquenti stranieri. In fondo il problema non riguarda i quartieri ricchi come il mio. E poi, a dirla tutta, gli stranieri mica delinquono davvero; quelli neri, ad esempio, non delinquono affatto: sarebbe razzista pensarlo».

Ma come difenderci dal rischio che un’immigrazione illimitata, in qualche decennio, produca la cancellazione delle popolazioni italiane? In fondo, anche l’estinzione di una razza canina ti susciterebbe preoccupazione; come essere indifferente a quella di un’etnia umana?
«Etnia italiana? E che vuol dire?» rispondi. «Le vere etnie sono quelle africane, asiatiche! Da quando in qua gli europei del sud meriterebbero di essere considerati «etnie»? Le popolazioni bianche mediterranee sono una mescolanza di genti che non hanno diritto a conservarsi come sono, perché non sono nulla! Un meticciato di bianchi non ha diritto alla sopravvivenza; non è così puro da poter chiedere di non essere annientato. Subisca quel che deve subire, e stia zitto».

Ecco come, o piddino, metti a tacere le paure riguardanti i popoli.
Lo fai a costo di tirare in ballo il concetto di razza pura, di diventare uno spietato razzista che ritiene solo le etnie intatte meritevoli di conservazione, e le altre degne di andare in malora.
È cinico, ma coerente col tuo sogno di vivere in un «mondo migliore», in cui chi comanda non è limitato da ostacoli «di lingua, di cultura, di razza, di religione».
È la società multirazziale, e tu hai capito bene che bisogna stare dalla sua parte.
Dall’altra ci siamo noi politicamente scorretti, che ancora ci preoccupiamo della popolaglia e del suo diritto all’autoconservazione. Ma non perdiamo la speranza: magari un giorno, piddino, impareremo la tua lezione e diventeremo razzisti come te.

Nell’attesa, ti prego gradire
Cordiali saluti

Il Sofista

(  dalla pagina FB https://www.facebook.com/pages/Il-Sofista/764004616975397?fref=nf)

 

MATTARELLA AL QUIRINALE e io sputo un pò di fiele!

Carissimo Silvio Berlusconi,

probabilmente sei deluso pure tu, ma io lo sono molto di più, perché sono delusa anche da te.
Ho ingoiato tutto, Monti, Letta, Napolitano, Renzi e adesso pure Mattarella, ma ogni volta è stato come ingoiare fiele, ho ingoiato il jobs act, la pseudo riforma del senato, il finto taglio delle provincie, gli 80 euro, la non riforma del giustizia e pure quello schifo di Italicum ma adesso basta. Adesso sputo amaro, non tanto per Mattarella al quirinale, ma per quelle facce da tolla che avevi candidato tu al Colle; mi riferisco ad Amato e Casini…… non pago dei tradimenti del passato, eri pronto a farci ingoiare pure questi due indigesti, ed eri pronto a farci ingoiare pure Alfano….. Ma ti rendi conto? ma 20 anni di politica non ti hanno insegnato nulla? possibile che tu non abbia ancora capito che in politica il nemico si finisce? e tu eri il nemico , non solo dei sinistri,e in un modo o nell’altro dovevano finirti. Tu, però, hai lasciato che Renzi giocasse con te come il gatto gioca col topo prima di sbranarlo. Ce l’ho con te, perché alle ultime politiche , quando  ero indecisa se votarti o meno, tu mi convincesti dicendoti sicuro di vincere. Ti risposi che a me non importava se avessi vinto o perso, quel che volevo sapere da te era se tu, dopo, comunque fossero andate le elezioni, ci saresti stato ancora per i tuoi elettori.  Insomma volevo sapere se, anche nel caso fosti finito all’opposizione, tu avresti fatto opposizione vera. Dicesti si, ma non lo hai fatto…. hai perso le elezioni e non hai fatto opposizione come si doveva, anzi hai aiutato il pd a rimettersi in piedi proponendo Napolitano. sostenendo dapprima Letta e poi facendo la spalla di Renzi….. e  hai finito per proporre Amato o Casini come candidati alla Presidenza della Repubblica…… se queste erano le tue alternative, mi ingoio pure Mattarella, ma che non se ne parli più.
Perchè, caro Silvio adesso è tempo, anzi forse è pure tardi, di andare oltre, mai contro di te, ma oltre te……….. Sono stufa di giochi e giochini, di tattiche, di tentare di interpretare il tuo pensiero… basta, ho bisogno di sentire parole chiare….. non ti voterò mai più….. ADDIO PAPI e ABBI CURA DI TE.silvio

L’italia è affetta da malattia psichiatrica: è bipolare!

L’Italia è bipolare, divisa tra chi è dentro e chi è fuori, tra chi si garantisce (ed arricchisce) occupando ed entrando nelle istituzioni (che gestiscono più del 50% del PIL) e chi ne resta fuori e si dovrà arrabbattare.

Dentro vediamo industriali assistiti e sindacalisti accomodanti, burocrazia garantita,giornalisti, cooperative di ogni colore che si spartiscono appalti, banchieri, pubblici amministratori, pensionati di lusso, grossi e piccoli faccendieri, casta politica di ogni livello e gestori di utilities, insomma tutti coloro il cui reddito e posizione sociale è assicurata direttamente o indirettamente dallo stato o dal parastato.I vertici dei partiti fanno da garanti.

Fuori ci sono i lavoratori precari o esodati , i giovani e gli studenti senza futuro, partite iva non garantite ed artigiani (che quotidianamente troviamo suicidati sui giornali), disoccupati (con ogni grado di istruzione e di ogni età) ed agricoltori, anziani costretti a sopravvivere con 500 euro al mese e qualche intellettuale ( pochi) che si è sfilato la fetta di salame dagli occhi. Insomma la carne da macello della crisi.

Al momento, anche grazie a Napolitano, il banco è nelle mani di quelli che sono “dentro” che fanno qualsiasi cosa pur di consolidare e strutturare un blocco sociale che si perpetui a dispetto di circostanze anche internazionali sfavorevoli. In altre parole stanno cercando di fermare il tempo, visto  che stanno veramente troppo bene come stanno.

Come scardinare questo stato di cose?

Semplicemente sbaragliando le carte sul banco!  Non è giocando con le regole del banco che si può scardinare il sistema, il banco si batte o con una fortuna sfacciata ( ma non mi pare che quelli  che stan fuori siano baciati dalla fortuna, o barando.

AAA….. cercasi baro per vincere al banco , cacciare tutti fuori, per rientrare tutti dentro, ma con un nuovo mazzo di carte!mappamondo

ALTRO CHE OMOFOBIA, ETEROFOBIA, FEMMINOFOBIA:DIGNITA’ DELLA PERSONA!

il 17 maggio 1990, l’OMS dichiarò che l’omosessualità è una variante naturale della sessualità umana. Ritengo che sia assolutamente necessario riconoscere agi omosessuali diritti civili.

Personalmente, però, sono contraria a che gli esseri umani siano tutti omologati e considerati uguali, nel senso che – a mio parere- è proprio la diversità di ogni persona dall’altra a costituire la ricchezza dell’umanità. Ciò detto ritengo che, non essendo tutti uguali, non possono neppure imporci di pensarlo.

CIO’ CHE, INVECE, DEVE ESSERE UGUALE PER TUTTI E’ LA DIGNITA’ DELLA PERSONA, CHE MAI E PER NESSUNA RAGIONE, PUO’ ESSERE VIOLATA, CALPESTATA O DENIGRATA!

Ognuno va rispettato per la persona che è, per la sua unicità, per la sua diversità e ritengo ingiusto dover essere tutti omologati in un’uguaglianza forzosa imposta. E’ come se si volesse dire che un cieco è uguale ad un vedente e per questo far fare una gara di lettura tra i due, come se tra loro non esistessero differenze o che un bambino è uguale ad un adulto o che un biondo è uguale ad un moro o, ancora, che un uomo è uguale ad una donna. Le differenze esistono e non devono essere annullate ma, semmai valorizzate e supportate. E’ LA DIGNITA’ DELLA PERSONA CHE E’ UGUALE PER OGNI PERSONA, PER OGNI INDIVIDUO, non le singole persone.

Ora vi chiedo: perchè l’amore gay dovrebbe essere considerato amore puro mentre l’amore etero no? e ancora vi chiedo: perchè picchiare un gay dovrebbe essere ritenuto un reato diverso dal picchiare un’anziano, una donna o un bambino, oppure un altro essere umano qualunque? Non sono comunque tutti gesti ugualmente aberranti? non dovrebbero comunque essere puniti alla stessa stregua?ef119040b5_7560120_med

COS’E’ REALMENTE IL RAZZISMO?

Una certa beata ignoranza, purtroppo assai diffusa, tende ad abusare della parola “razzismo” in base a una nozione superficiale ed erronea del suo significato.
Così sarebbe “razzista” qualsiasi affermazione di identità, di prerogative, di diritti con la quale un popolo, un’etnia, si contrapponga ad altri popoli, ad altre etnie.
Una nozione di razzismo, quella in parola, ottusamente onnicomprensiva, per la quale sarebbero “razzisti” perfino alcuni enunciati della nostra Costituzione, la quale riconosce che il territorio nazionale è soggetto alla sovranità del solo popolo italiano (escludendo tutti gli altri); che nessuna popolazione straniera può limitare tale sovranità se non a condizioni di reciprocità con quella italiana; che le differenti “razze” devono essere rispettate e salvaguardate dal rischio di trattamenti deteriori, ma senza che mai venga meno la distinzione tra cittadini e stranieri, insuperabile, dato che il suo superamento comporterebbe la cessazione della sovranità del popolo e dunque lo scioglimento dello Stato.

Prima di squalificare come “razzismo” le opinioni altrui, sarebbe meglio informarsi sul significato della parola.
E tale significato, nella sua accezione spregiativa, non si riferisce all’atteggiamento di chi si limita a riconoscere l’esistenza di diverse etnie e delle rispettive caratteristiche somatiche, ma a quello di chi suppone la propria etnia, la propria “razza”, superiore alle altre; di chi si insuperbisce della propria identità etnica ritenendo che le altre valgano meno o non valgano affatto.

Non rientrano in tale atteggiamento, evidentemente, le rivendicazioni di sovranità, con cui un popolo decide di limitare o escludere la presenza di stranieri sul proprio territorio, rivendicazioni che non comportano affatto un disprezzo verso gli stranieri, ma possono dipendere dalla volontà di godere in esclusiva delle proprie risorse territoriali, come di preservare intatte le proprie tradizioni e caratteristiche storiche, nell’ambito di un rapporto di dominio col territorio che ciascun popolo è libero di articolare come meglio crede, senza che ciò implichi alcun giudizio negativo nei confronti degli altri.

Non rientrano nel razzismo, a ben vedere, nemmeno le forme di orgoglio identitario – molto diffuse ad esempio tra gli africani – che si esprimono nella fierezza per le proprie origini, per le imprese degli antenati, per le espressioni di creatività del proprio popolo, e perfino per le proprie caratteristiche somatiche.
Essere orgogliosi di essere ciò che si è non implica infatti nessun disprezzo degli altri e nessuna offesa nei loro confronti.
Al contrario, solo chi sia fiero della sua identità può comprendere la fierezza che gli altri nutrono per la propria.
Chi si vergogna di ammettere, ad esempio, che tra gli innumerevoli aspetti dell’identità italiana rientrano anche taluni caratteri esteriori tipici delle genti nostrane, come la pelle bianca o i capelli scuri, difficilmente potrà comprendere l’orgoglio degli africani per il proprio colore della pelle, e difficilmente potrà rispettarlo.
Non a caso, i campioni del politicamente corretto non considerano affatto la pelle nera per quello che è, cioè un inestimabile tesoro naturalistico, ma piuttosto come un particolare imbarazzante da non menzionare, implicitamente dimostrando di disprezzarla, nell’ambito del più generale disprezzo che nutrono per ogni identità forte, non annacquata e orgogliosa di sé stessa.

Tale disprezzo, a sua volta, è parte integrante di un progetto ancora più ampio.
Attenuare le identità fino a svuotarle, fino a renderle esangui e impotenti, così eliminando l’ultimo ostacolo contro un modello di società basato sull’incremento indefinito di produzione e consumo.
Immaginiamo che fine farebbe il mito della “globalizzazione” se in giro per il mondo persistessero comunità consapevoli delle loro identità storiche, capaci di produrre pensiero, musica, letteratura, religione in termini originali anziché standardizzati e omologati: la maggior parte dei prodotti inutili di cui siamo subissati non avrebbe mercato presso tali comunità, ad incominciare dal ciarpame letterario e artistico di cui oggi si nutre la nostra cultura di massa.

E’ chiaro che un sistema socioeconomico che vive della produzione incessante di beni inutili, tra i quali spiccano i sottoprodotti dell’industria culturale, ha tutto l’interesse a soffocare ogni espressione autentica. E dato che le espressioni autentiche, dalla musica Bantu a quella di Mozart, possono germogliare solo all’interno di culture dotate di forte identità, è giocoforza che il primo nemico da abbattere, per il Sistema, siano le identità forti, le tradizioni popolari, i luoghi ove fioriscono sensibilità irripetibili e, a partire da queste, arte, letteratura, pensiero, nelle loro infinite sfaccettature e differenze.

Il Sistema ha così utilizzato la sua arma più forte, i mass media, per instillare nella mente di ciascuno un pregiudizio insuperabile nei confronti delle affermazioni identitarie.
In anni di indottrinamento delle masse è riuscito ad addomesticare interi popoli all’idea che il venir meno delle loro più tipiche caratteristiche storico-culturali fosse un progresso per l’Umanità.
La promozione di un concetto stupidamente “easy” di razzismo, per cui è sostanzialmente “razzista” chiunque rivendichi la propria identità tradizionale nei confronti di altri, non è stato che uno degli strumenti di tale addomesticamento.

(by il Sofistarazze  https://www.facebook.com/pages/Il-Sofista/764004616975397?fref=nf

MIGRANTI E IL VANGELO DI MATTEO:NON E’ BENE PRENDERE IL PANE DEI FIGLI E GETTARLO AI CAGNOLINI!

Dal vangelo secondo Matteo: ( matteo 7,6) :”Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; 8 perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto (Matteot 15,21-28) …. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri».

Non so come voi interpretiate questi passi del Vangelo, non so come li interpreta Papa Francesco, ma io penso che Gesù volesse esortarci alla prudenza poiché sapeva bene che l’ ingratitudine è merce abbondantissima e la mano che a volte tendiamo è spesso mozzata dalla gelosia che suscita la nostra generosità.

Gesù disse che per avere, basta chiedere, per entrare basta bussare ma non disse mai che si può ottenere senza chiedere o entrare senza bussare.

LE PORTE SONO CHIUSE e per entrare bisogna bussare; le porte non si deve tenerle sempre aperte  perché potrebbero  entrare tutti, inclusi “cani e porci”

Per quanto attiene la donna, Gesù all’inizio non voleva neppure risponderle e quando lo fece, lo fece in malo modo, rimproverandola e rispondendole che non l’avrebbe aiutata, PERCHE’ NON E’ BENE PRENDERE IL PANE DEI FIGLI E GETTARLO AI CAGNOLINI. Solo quando la donna dimostrò la sua fede, prostrandosi ai Suoi piedi e dicendo che anche i cani mangiano le briciole che cadono dalle tavole dei padroni, Gesù la aiutò e esaudì la sua richiesta.

Gesù aiutò la donna solo dopo che lei aveva dimostrato la sua fede in Lui.

Perchè non possiamo applicare questi passi del Vangelo di Matteo ai migranti? non si devono dare le cose sante ai cani e non si devono gettar le perle ai porci. Chi sono i cani? chi sono i porci? la mia risposta è che sono quelli che non chiedono, ma pretendono , che entrano senza bussare….. E allora cosa dovrebbero fare i figli di Dio? essere generosi con tutti? accogliere tutti? tenere spalancate le porte di casa? NO, Gesù dice che le porte sono chiuse e si aprono solo a chi bussa…..

Gesù non dice di aiutare tutti, anzi non ama chi toglie il pane ai figli per darlo ai cani, ma ama chi entrando in casa sua gli dimostra la sua fede e lo riconosce come Messia.

Se la mia interpretazione è sbagliata, spero che ci sia qualcuno che mi dia la giusta interpretazione del Vangelo di Matteo

 

L’IMMUNITA’ OCCULTA IN FAVORE DEGLI IMMIGRATI INTRODOTTA DAL GOVERNO RENZI

immigratiLa legge n. 67 del 28.04.2014, quella che ha cancellato il reato di immigrazione clandestina, contiene diverse disposizioni in materia di giustizia penale, una delle quali è passata totalmente inosservata nonostante la sua non trascurabile importanza: si tratta di quella che abolisce il principio, da sempre vigente nel nostro Paese, per cui l’imputato deve essere processato anche quando abbia domicilio sconosciuto e non sia perciò possibile fargli avere notizia del processo.
Una volta abolito tale principio, chiunque riesca, dopo aver commesso un reato, ad occultare il proprio domicilio in modo da sottrarsi ad eventuali avvisi di processo, non potrà più essere processato, e conseguirà in tal modo una sostanziale immunità rispetto alla giustizia italiana.
Per quanto sembri incredibile, tale situazione, per volere di Renzi e del suo governo, è oggi realtà.
In base alla nuova legge, se un imputato è irreperibile, il giudice non può più processarlo. Può solo, alla prima udienza, ordinare che vengano eseguite ricerche per individuarne il domicilio e, dopo un anno, tenere una nuova udienza per verificare l’esito di tali ricerche. Se, com’è normale quando un domicilio non sia mai stato dichiarato, esso non venga individuato, si prorogheranno di anno in anno le ricerche e le relative udienze di verifica, senza che il processo abbia mai inizio.
Tutto ciò fino al maturare della prescrizione, con conseguente proscioglimento dell’imputato e conclusione dell’intera vicenda.

Orbene, da chi è costituita la maggior parte degli imputati irreperibili, di cui è praticamente impossibile individuare il domicilio?
Manco a farlo apposta, da stranieri, e tra questi principalmente da clandestini privi di fissa dimora o con dimora non dichiarata all’anagrafe o trasferita all’estero dopo aver commesso il delitto, rendendo così definitiva la propria irreperibilità.
In buona sostanza, Renzi e i suoi hanno trovato il modo di svuotare le carceri senza bisogno di amnistia o di indulto.
Semplicemente escogitando un sistema in virtù del quale i soli italiani che commettano reati, quasi sempre reperibili, potranno andare in galera, mentre i delinquenti stranieri, spesso e volentieri irreperibili, in galera non ci andranno più.

(by il Sofista https://www.facebook.com/pages/Il-Sofista/764004616975397?hc_location=timeline)

 

PROFUGHI O CLANDESTINI?

E’ incredibile come in pochi mesi – cioè da quando il Governo ha deciso di collaborare attivamente con i trafficanti di esseri umani mediante la c.d. operazione Mare Nostrum – i media servi del potere siano riusciti, semplicemente cambiando un vocabolo, a legittimare la politica governativa pro clandestini, indottrinando milioni di imbecilli.
Oramai c’è in giro gente che, se chiami “clandestini” anziché “profughi” gli emigranti illegali di provenienza africana, è pronta a sputarti in faccia.

Eppure, da quando tutti li chiamavano “clandestini”, in Africa non è cambiato molto.
Già prima delle fasulle “primavere arabe” e della guerra siriana, l’Africa era dilaniata da molteplici guerre, ed è sempre stato ovvio che non ogni cittadino proveniente da uno Stato in guerra fosse “profugo”, ma solo chi fosse costretto con la violenza a scappare dalla sua terra.
Quando l’Italia era in guerra, ad esempio, profughi erano gli istriani che fuggivano dalla pulizia etnica di Tito, mentre nessuno avrebbe considerato tali i romani, sebbene Roma abbia subito molteplici bombardamenti.
Così, oggi, sono certamente profughi i cristiani costretti a lasciare le loro case a Mossul, o gli abitanti di alcune zone della Siria o del Niger. Ma è un totale assurdo, frutto della più bieca ignoranza, considerare profugo chiunque, scontento della propria condizione di vita, paghi fior di quattrini alla criminalità organizzata per trasferirsi in un altro Paese, e ciò faccia senza esservi costretto da alcuna guerra, semplicemente abitando in un continente, com’è l’Africa, turbato da varie guerre.
Chi si comporta in tal modo è esclusivamente un emigrante. E dal momento che decide di emigrare contro la volontà dello Stato nel quale vuole stabilirsi, è un fuorilegge. Un clandestino, per l’appunto.

Se si ragionasse come oggi fanno telegiornali e politici ruffiani che pensano solo alla propria schifosa immagine, dovremmo ritenere che tutti gli slavi, la cui vita è ancora condizionata dalle guerre balcaniche da poco terminate, nonché tutti gli afgani, tutti gli ucraini, tutti i tibetani, tutti i siriani (tutti, non solo le vittime di violenze e persecuzioni) e ancora tutti gli egiziani, tutti i nigeriani (tutti, non solo le vittime di violenze nella zona del Niger) oltre a tutte le altre popolazioni sparse nel mondo in zone turbolente, falcidiate da guerre o vicine a guerre, e poi ancora tutti i popoli che soffrono miseria, carestie, sottosviluppo etc. – parliamo dell’80% della popolazione mondiale –; dovremmo ritenere, dicevamo, che tutti costoro non siano altro che “profughi” e che non possa dunque configurarsi, rispetto a loro, alcuna immigrazione clandestina, nemmeno quando assoldino a peso d’oro spietati scafisti per violare illegalmente le nostre frontiere.
Con la conseguenza logica, che certo tra non molto anche la nostra magistratura trarrà, che gli stessi scafisti mafiosi trafficanti di uomini non dovrebbero più essere incriminati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, essendo questa inconfigurabile, ma premiati con medaglie d’oro per aver contribuito, sia pure con sgangherati barconi, ad organizzare la fuga di esseri umani da guerre e persecuzioni.

Se poi, per assurdo, adottassimo per l’80% dell’umanità la definizione di “profugo”, ci sarebbe ancora un paradosso da superare, prima di sposare del tutto le tesi dei media e del nostro politicantume di anime belle: dovremmo ritenere che il suddetto 80% della popolazione mondiale abbia il diritto, in quanto profuga, di abitare in Italia e soltanto in Italia – e di ciò non si riesce proprio a capire il motivo.
Questo è un passaggio ancor più demenziale di quello precedente: non ci si limita a considerare “profughi” quelli che non lo sono, ma si aggiunge follia a follia.
I “profughi” hanno il diritto… forse di essere aiutati dall’ONU? o di essere accolti dai paesi confinanti con quelli da cui “scappano”? o di ricevere la solidarietà di alcuni Stati più volenterosi o più ricchi di altri? Niente di tutto questo!
Il diritto che si riconosce ad ogni profugo del mondo è precisamente quello di usare il territorio italiano come se fosse originariamente suo e della sua gente.
Ma perché proprio l’Italia?
Il sottinteso è evidente.
I media, i nostri politici vigliacchi e la parte indottrinata dell’opinione pubblica, ritengono che l’Italia non meriti alcun rispetto per la propria identità antropologica, per le sue peculiarità etniche e culturali.
E’ una ben miserabile moda, qui da noi, quella di considerare l’Italia uno Stato di serie B, una repubblica un po’ cialtrona, popolata da squallidi individui che vivono all’ingrasso, puri egoisti che sommati tra loro non fanno un popolo.
Non degni di quel rispetto che nessuno negherebbe, tanto per dire, a un senegalese, a un siriano, o anche a un norvegese o a un islandese, dei quali tutti pensiamo, in fondo, che avrebbero buon diritto a dire: “il nostro territorio non è uno spazio aperto, è nostro e basta”.
Degli italiani questo non lo si pensa: li si snobba, li si sottovaluta, li si disprezza.
Al diavolo i mass media, servi del potere, e i politicanti ciarlatani.
Loro e la stramaledetta capacità che hanno avuto di ingannarci fino a farci diventare i peggiori disprezzatori di noi stessi.

 

(by Il Sofista https://www.facebook.com/pages/Il-Sofista/764004616975397?hc_location=timeline

 

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MASS MEDIA, MANIPOLAZIONE DEL LINGUAGGIO E IMMIGRAZIONE

La confusione di segni e linguaggi generata dal sistema mediatico, dalla incessante produzione di tipi e modelli che esso mette in opera, priva la società di riferimenti morali omogenei, comunanza di intenti, senso dell’identità.
Gli unici immutabili, nella babele dei linguaggi mediatici, sono le forme con cui il sistema produce e riproduce i linguaggi stessi.
Forme che tendono a consolidarsi, fino a divenire esse stesse valori di riferimento.
Se, ad esempio, il sistema fa continuo uso della forma del commovente come criterio di incrementazione della vendibilità dei messaggi, i consumatori cui questi sono rivolti tenderanno a riciclare tale criterio come valore di verità nell’ambito della vita reale.
Ne deriveranno giudizi aberranti, perché privi di un sistema morale di riferimento e modellati a piatta imitazione del modo di produzione dei media.
Questi mostrano che ciò che commuove è sempre preferibile?
Il consumatore lo preferirà, anche quando ciò comporti la negazione di dati reali o si ponga in contraddizione con esigenze di vita sue o della sua comunità di appartenenza.

Le recenti vicende in tema di immigrazione clandestina, con l’allarmante ondata di sbarchi registrata nel 2014 e l’inaudita decisione dello Stato italiano di usare la marina militare per agevolarli, non si spiegherebbero senza le anzidette dinamiche mediatiche.
La c.d. operazione Mare Nostrum è stata preceduta da una lunga propaganda in favore dell’immigrazione clandestina, attuata mediante un accurato lavoro di manipolazione linguistica (la abolizione del concetto di clandestino e la sua sostituzione con quello di migrante o rifugiato ne è solo un esempio) tendente a generare la suggestione di una clandestinità che agisce per costrizione, esclusivamente vittimistica e, per l’appunto, commovente.
Si è così reso possibile il delirio di una nazione, forse ormai solo una comunità di consumatori, che davanti al rischio che milioni di stranieri ne occupino il territorio e ne cancellino la civiltà, sa porsi esclusivamente dal punto di vista degli stranieri stessi, soffermandosi sul problema di assicurare loro il massimo benessere nell’esercizio dell’occupazione e di lenire le sofferenze che si suppone li abbiano motivati a intraprenderla.
Un modo di interpretare la realtà evidentemente suicida, ma altrettanto evidentemente riproduttivo delle forme di rappresentazione mediatica del fenomeno migratorio, prima fra tutte la scelta editoriale di raccontarlo sempre e comunque dal punto di vista dello straniero (protagonista di una narrazione commovente nella sua veste di “migrante”, “rifugiato”, “minore” etc.); punto di vista che in fondo è quello del sistema stesso, il quale, attraverso una tale narrazione, può mostrarsi buono, compassionevole, progredito, etc., coerentemente alle finalità di dominio che gli sono proprie.

 

(by il Sofista  https://www.facebook.com/pages/Il-Sofista/764004616975397?hc_location=timeline)

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La Metafora della carrozza e del cavallo

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Immaginiamo di avere una carrozza trainata da cavalli; sopra la carrozza c’è un cocchiere e dentro la carrozza c’è quello che è il padrone, il passeggero, colui che decide la direzione.

 

Cosa rappresentano le varie parti di questa figura?

La carrozza è il corpo fisico dell’essere umano. Tale carrozza-corpo fisico è collegato ai cavalli con delle staffe di legno, quindi un collegamento molto rigido.

 

I cavalli, normalmente due all’interno della metafora, rappresentano l’aspetto più passionale, l’aspetto sessuale e l’aspetto astrale-emotivo. Quindi l’energia trainante della carrozza, che poi è l’energia trainante dell’essere umano.

 

Al di sopra abbiamo il cocchiere, che è collegato ai cavalli con le redini; abbiamo quindi un collegamento che è meno forte di quello della carrozza con i cavalli, che invece è fisso. Questo significa che il cocchiere, per dominare i cavalli, faticherà di più.

 

Il cocchiere rappresenta la mente, l’intelletto dell’essere umano, che ha il compito di dominare le passioni dell’essere umano, l’energia sessuale e le emozioni, in modo da dare la direzione, e non sempre è facile fare tutto questo, e infatti non sempre il cocchiere ci riesce.

 

L’altro personaggio è il passeggero della carrozza, che rappresenta la nostra anima: è lui che deve dettare la direzione della carrozza, è lui che deve dire dove vuole andare.

 

Invece nell’essere umano, normalmente, sono le emozioni a decidere dove si sta andando, o addirittura il centro sessuale, o al massimo il cocchiere, quindi la parte intellettuale.

 

Raramente è l’anima, anche perché il collegamento tra l’anima e il cocchiere è quello più sottile in assoluto, cioè solo la voce.

 

Il sentire la voce dell’anima si riferisce proprio a questo: l’anima fatica a comunicare con il cocchiere, cioè con il centro intellettuale, proprio perché il collegamento è molto sottile.

 

Eppure il cocchiere da solo non sa dove andare.

 

Cosa può fare quindi?

 

Quando si rende conto che non sente la voce dell’anima, e non sa dove andare, deve cominciare a stare in silenzio.

 

Il cocchiere è abituato a gridare, a gridare ordini ai cavalli, ad essere agitato: è proprio la nostra mente, che, essendo abituata a pensare, a pensare e a pensare, non ha la forza, il tempo, la capacità di ascolto per sentire cosa sta dicendo l’anima. Eppure questo è indispensabile. È indispensabile che il cocchiere si tranquillizzi, e che magari faccia andare più piano la carrozza, perché se la carrozza va molto forte causa tanto rumore.

 

Il nostro corpo causa tantissimo rumore, e lo stesso i cavalli.

 

Quindi la parte della carrozza, dei cavalli e del cocchiere si deve tranquillizzare: solo allora può ascoltare ciò che sta dicendo l’anima, la cui voce può essere sentita se noi stiamo in una situazione di ascolto.

 

Quando il cocchiere si tranquillizza comincia, invece che guardare all’esterno, a guardare all’interno: il cocchiere, per poter rendersi conto di dove deve andare deve smettere di guardare quello che ha intorno, e cominciare a interiorizzare, ossia ad avere un atteggiamento introverso, rivolto all’interno, cioè prestare attenzione a quello che sta accadendo dentro la carrozza, perché dentro la carrozza c’è il passeggero, cioè l’anima, e lui sa esattamente dove andare.